Oggi parlo di arte, cosa che ho sempre detestato sin da quando ero piccolo. Però mi sono dovuto ricredere di fronte alle vignette dello spagnolo Joan Cornellà (blog). Questo vignettista ha un'incredibile capacità di rendere il proprio linguaggio capibile da tutti, senza sentire il bisogno di ulteriori parole o spiegazioni. L'umorismo di Cornellà è un umorismo nero, deride la morte come solo chi supera il tabù di essa può fare. E forse è anche per questo che lo apprezzo così tanto. Nelle sue opere d'arte possiamo trovare personaggi che muoiono e si feriscono mantenendo sempre quel sorriso che diventa inquietante a tratti. Ma la sua vera genialità forse sta nel trasmettere forti messaggi sociali. Per esempio osservate la seguente vignetta:
Notate come l'uomo preferisca perdere una parte di se stesso piuttosto che rinunciare al proprio cappellino. Secondo il mio punto di vista questa è una gigantesca denuncia contro il materialismo della nostra società odierna, e questo tema viene ripreso più volte da Cornellà. Su google e su facebook ne troverete a centinaia delle sue immagini e vi invito a darci un'occhiata. Lui ci permette di fare quella risata molto amara, che oggi non viene mai vissuta appieno per colpa del perbenismo che si è andato diffondendo negli ultimi anni. Io sto riscoprendo le risate a crepapelle dopo un periodo in cui me ne sono successe di tutti i colori, e grazie a lui adesso mi faccio una risata delle disgrazie. Facendo una doppia citazione finisco con una citazione di Cornellà che in un intervista cita Beckett
"In “Finale di partita” di Beckett, un personaggio dice che non esiste “niente di più divertente della disgrazia”. Questo è certo. La morte è qualcosa che non sappiamo affrontare e quando ci sorprende possiamo solo ridere o piangere."
E di certo ridere è meglio che piangere!
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