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30 maggio 2022

Sono stanco

 

Seduto, in questa stanza. Solo, con troppi miei pensieri ai quali non riesco a dare veramente forma e senso. La doccia non porta consiglio, ma solo un’altra scatola dove nascondere le lacrime. Lacrime di coccodrillo? Forse. Lacrime di una persona che si sente all’angolo, stretta tra mura che non le appartengono. Non penso di farla finita, se non altro perché ho paura del dolore. Sono stanco di soffrire per mano mia. Ho tutto quello che potrei e dovrei desiderare eppure sento di non aver nulla, che tutta questa sabbia può svanire all’istante. La rabbia verso il me stesso che vive al momento senza pensare al domani è seconda solo alla delusione dell’avere questa parte in me. Se solo riuscissi a capire, se solo riuscissi a spiegare al mondo e a me stesso cosa provo e di cosa ho bisogno. Le lacrime non scendono più, la mia faccia non ha più la forza di stringere gli occhi e sperare che il dolore venga spremuto fuori come il succo di un limone. Sì, perché questo cazzo di cibo deve sempre essere in mezzo, come se fosse l’unico vero motivo che mi tiene legato al reso del mondo. A volte mi sento pazzo, altre incompreso, altre ancora mi sento solamente un bambino viziato che cerca attenzioni. Ma di quante attenzioni deve aver bisogno un ragazzino troppo cresciuto di 28 anni? Non dovrebbe essere già una persona matura alla quale il mondo è circa chiaro? E invece mi ritrovo come al solito davanti ad uno schermo, a scrivere righe che probabilmente, e per fortuna aggiungerei, nessuno leggerà mai. Lo sfogo che tanto mi è stato detto di trovare si nasconde, mi sfugge. Nel mezzo della ricerca di questa benedetta valvola, trovo solamente ulteriori occasioni per ricordarmi perché mi sento così, perché ogni giornata passa e finisce con lo sdraiarsi a letto cercando di dimenticare tutti quegli incubi che infestano la tua vita da sveglio. La notte diventa un toccasana, l’unico vero rifugio dalla tua testa, da quei pensieri che da cosciente non ti abbandonano per un istante. Ed è per quello che ti ritrovi sempre a dover affogare nell’alcol, o in qualsiasi altra dipendenza tutto quello che senti, perché la dipendenza ti permette di uscire da questo circolo, seppur temporaneamente. Così facendo però, caro Matteo, ti crei questo vortice completamente fuori il tuo controllo che, se all’inizio assomiglierà anche solo ad un venticello, pian piano ti porterà sempre più a fondo. E più a fondo vai, più la luce si affievolisce, più la vista si appanna e più le speranze sbiadiscono. La notte è buia, il silenzio assordante, sono molto stanco. Anche fisicamente. Sento che sto per crollare, e col castello di carte che è il mio corpo, la mia luce si spegnerà molto velocemente a seguire. E a quel punto resterà solo il ricordo della persona che sono stato. E che ricordo lascerò di me stesso? Ogni persona avrà una visione diversa, e per la maggior parte potrà anche sembrare positiva. Nessuno conosce la realtà e io voglio tenere i miei scheletri ben chiusi nell’armadio, portarmeli nella tomba anche dovendo. Perché ho fatto del male, cose che solo al pensarci mi viene da vomitare. Questo è quello che sono? Sono veramente questa persona vile che pensa solamente a sé stessa o c’è di più? C’è di più di questo ragazzino che porta una maschera da talmente tanto tempo che ormai non conosce più il vero Matteo? E questo famoso vero Matteo chi sarebbe? Forse è questo che mi sto chiedendo, e forse so che la risposta mi fa troppo male. E fa troppo male a tutte le persone accanto a me. Soffro, perché sono egoista e perché in fondo vorrei trovare il modo di sparire senza far del male a nessuno. Il lavoro, la tesi, l’università, le relazioni. Sono tutte queste solo scuse per nascondere qualche problema molto più personale? Nulla sembra essere veramente ciò che voglio, ma ogni volta c’è un qualcosa che mi spinge ad andare avanti, convinto che la prossima sarà veramente la volta giusta. Ma non è mai così. E probabilmente mai lo sarà.  

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